E’ una leggenda urbana quella secondo cui solo i lavoratori italiani anacronisticamente ambiscono al posto a Tempo Indeterminato (in inglese “Permanent Position”). Ed è una leggenda urbana il fatto che i ricercatori in particolare, nel resto del mondo, quasi aborriscano una permanent position: ricorderete l’ex Ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta che ci definì “Capitani di Ventura” per giustificare il veto, tutto politico e mai normativo, sulle stabilizzazioni.
Al di là della mia esperienza diretta derivata dai tanti pluriennali contatti con ricercatori all’estero, mi ha colpito l’episodio 20 della sesta serie di The Big Bang Theory (da cui il titolo del post), una serie TV di grandissimo successo sia in America che in Italia.
I personaggi principali di questa serie, per chi non la conosce, sono quattro ricercatori del California Institute of Technology di Pasadena (più noto come Caltech) molto nerd e molto bravi, permanentemente impegnati a cercare fondi per le proprie ricerche e per i propri stipendi, oltre che a vivere le loro vite di appassionati di ricerca scientifica, fumetti, film e … serie TV.
L’episodio in questione si intitola “La turbolenza del ruolo” in inglese “The Tenure Turbulence”. “Tenure” viene da “Tenure Track“, una versione più dignitosa del nostro concorso per un posto a tempo indeterminato. Sebbene in modo caricaturale per ragioni di sit-com i quattro, pur molto dotati e con un Curriculum Vitae nutrito di esperienze e pubblicazioni, nel momento in cui il Caltech apre una chiamata per la Tenure Track si scatenano in un patetico tentativo di accattivarsi le grazie della commissione che dovrà decidere della loro collocazione nel percorso (track) verso la tenure cioè fra quelli che ambiscono al posto a tempo indeterminato.
Ambiscono, appunto. Perché quel passaggio da “Tempo Determinato” a “Tempo Indeterminato”, oggi in Italia tanto ridicolizzato spesso da chi una posizione permanente pluri-garantita già ce l’ha, porta con sé intanto il coronamento di uno sforzo di anni fatti comunque di incertezze (e in Italia di sfruttamento) e poi soprattutto rappresenta un nuovo inizio, la possibilità di costruire qualcosa che non sarà smontato il giorno dopo. Questo in Italia come in America. Ho usato l’episodio di una famosa sit-com americana come esempio indipendente perché se non altro dà la sensazione di quanto anche all’estero sia considerato normale, non retrò, cercare delle solide basi per una progettualità futura.
Alla fine ovviamente i personaggi riescono solo a mettersi in imbarazzo ma, dato che siamo in America e loro sono molto bravi, la commissione li posiziona comunque al top della graduatoria da cui saranno pescati, previa verifica finale, i nuovi tempi indeterminati.
E ora veniamo all’INGV. Dopo 16 anni di precariato e 7 di dura lotta per l’Ente in cui lavoro, per la Ricerca in generale e per il mio posto di lavoro e il diritto ad essere assunto, acquisito nel 2006 e mai rispettato, … il 31/12/2014 il mio contratto a T.D. è stato convertito in T.I grazie all’aumento di dotazione organica di 200 unità dato all’INGV dalla Legge 128/2013, voluta dall’ex Ministro della Pubblica Istruzione e della Ricerca Maria Chiara Carrozza. Sono uno dei primi 52 neo-assunti.
Purtroppo i 200 posti, pur essendo il massimo che l’ex Ministro è riuscita ad ottenere, non coprono comunque tutto il precariato ultra-quinquennale dell’Ente. Questo per colpa di una politica sorda che non ha voluto aumentare la dotazione organica dell’Ente anni fa, quando era il momento di farlo, lasciando che la situazione del precariato INGV arrivasse a un punto di non ritorno.
Per anni ho testimoniato, insieme ai miei colleghi, a volte con rabbia, la situazione paradossale della Ricerca in Italia e della condizione dei precari degli Enti Pubblici di Ricerca e in particolare dell’INGV. Oggi finalmente mi trovo a testimoniare cosa significhi essere passato a tempo indeterminato.
Posso dire che abbiamo sempre avuto ragione quando urlavamo nelle piazze o parlavamo in TV o coi giornalisti, che avere un contratto a tempo indeterminato fa una gran differenza dentro, nel modo di progettare non solo il futuro come persone, ma anche il futuro lavorativo, le direzioni della propria ricerca, gli obiettivi. Si vive in modo diverso anche il servizio di monitoraggio h24 o la reperibilità per il pronto intervento. Alla passione che ci ha dato forza in questi anni si affianca una certa maggiore serenità.
Credo di poter dire che lo stato d’animo con cui lavoro oggi sia paragonabile, come energia, capacità di concentrazione e produttività, solo al periodo del PhD (il dottorato), quando realmente si inizia a sentirsi ricercatori. Ho sulle spalle sedici anni di precariato, ma gli ultimi 7, dal settembre 2008 anno d’inizio delle lotte per la sopravvivenza del posto di lavoro ma anche per la difesa della ricerca, sono stati particolarmente pesanti. Come dipendenti dell’INGV sono stati anche più pesanti che come ricercatori in generale. Eppure tutti abbiamo tenuto duro, portato avanti la produzione scientifica e le infrastrutture dell’Ente, nonostante anche le tante tempeste interne.
Per me questo lungo periodo era quasi culminato con la decisione di andare all’estero, cosa che alcuni colleghi hanno già fatto. L’assunzione è arrivata appena in tempo.
Quello che mi auguro adesso quindi è che il percorso dell’immissione in ruolo dei miei colleghi sia rapido e rispettoso del livello qualitativo che tutti noi abbiamo dato alla Ricerca geofisica italiana nel mondo col nostro lavoro e del servizio prestato all’INGV e quindi al Paese, avendo già dimostrato sul campo le qualità necessarie all’assunzione.
Credo che il passaggio a tempo indeterminato dei precari dell’INGV aumenterà molto le potenzialità di un Ente che già è all’avanguardia nel suo campo e di sicuro cambierà molto e in meglio il modo di lavorare e l’aria che si respira qui dentro che, come del resto in gran parte del mondo del lavoro italiano, si è fatta nel tempo davvero pesante.
Raffaele Di Stefano
PER SAPERE: richiesta di chiarimenti al MIUR in materia di Concorsi Pubblici negli EPR
Pubblicato: settembre 30, 2015 da raf71 in commento, leggiTag:concorsi, concorsi pubblici, concorso ordinario, concorso riservato, dpr 487, dpr 487/94, dpr487/1994, enti pubblici di ricerca, geofisica, ingv, legge gelmini, Ministro, MIUR, orale, precari, precariato, scritto
“Per sapere” è il classico formalismo di un’interrogazione parlamentare. L’interrogazione parte di solito quando uno o più parlamentari individuano (o sono messi a conoscenza di) stranezze, inconsistenze o sospetti comportamenti illeciti su cui il governo o il parlamento possono avere voce in capitolo.
Questo post è una interrogazione da parte di dipendenti di un Ente, in particolare dello scrivente, rivolta al MIUR per … capire.
Parliamo delle modalità di svolgimento dei concorsi pubblici negli EPR.
Premesso che:
– fino al 2009 la norma di riferimento per tutta la Pubblica Amministrazione era il DPR 487/1994 che, semplicisticamente parlando, indica un massimo di 1/3 del punteggio totale ai Titoli (inclusa l’anzianità di lavoro) e 2/3 assortiti in base a decisione autonoma dell’Ente, per scritto e orale.
– verificato che di fatto gli EPR, incluso l’INGV, almeno negli ultimi 15 anni si sono avvalsi varie volte dell’Autonomia a loro concessa dal legislatore, per svolgere concorsi con ripartizioni dei punteggi diverse da quanto stabilito dal DPR del 1994 (superando anche la proporzione di 1/3 stabilita per i titoli), criteri presumibilmente (o necessariamente) approvati dal MIUR,
– preso atto che la Legge 1/2009 (legge “Gelmini”) ha un Art. 1 che si chiama “Disposizioni per il reclutamento nelle università e per gli enti di ricerca” e che tale articolo ha un comma che recita “Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la valutazione comparativa e’ effettuata sulla base dei titoli, illustrati e discussi davanti alla commissione, e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, avente natura non regolamentare, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentito il Consiglio universitario nazionale.”
– notato che il comma 7 summenzionato parla di “ricercatori” e non solo di “ricercatori universitari” e che per contro solo per le università cita la necessità di un DM successivo
– notato che la L 1/2009 non menziona, né abrogando né modificando né inglobando, il DPR 487 ma di fatto modificando la regola delle 3 prove concorsuali, da esso previste, introduce una fattispecie specifica per il comparto Ricerca inclusi gli Enti Pubblici di Ricerca
– ricordato che, per quanto ci è dato di sapere, a seguito di richiesta formale dell’INGV di parere sull’applicazione della L 1/2009 il MIUR ha risposto laconicamente con “non vale per gli EPR”, senza aggiungere alcuna spiegazione normativa lasciando ingiustamente oscura la materia concorsuale negli EPR
chiedo al Ministro e al Capo di Gabinetto del MIUR quanto segue:
1) se il Ministro e il Capo di Gabinetto non ritengano che la L 1/2009 VALGA per gli EPR, ai quali l’Articolo 1 é esplicitamente diretto, e che, come appare evidente allo scrivente, essa superi, per il comparto Enti di Ricerca, il precedente DPR 487/1994, rimandando all’autonomia degli EPR, previa verifica di compatibilità normativa (o qualunque altra forma di dialogo) da parte dei Ministeri competenti, la definizione di un regolamento interno che risponda alle specifiche necessità dell’Ente di Ricerca
2) che la risposta al punto 1, positiva o negativa che sia, venga adeguatamente, chiaramente e definitivamente giustificata dal punto di vista normativo
Tutto quanto sopra attende una risposta da troppo tempo e questo sonno della ragione ha già prodotto mostri, dunque mi permetto cortesemente di chiedere al Ministero destinatario una risposta celere.
Cordialmente
Raffaele Di Stefano
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