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“Per sapere” è il classico formalismo di un’interrogazione parlamentare.  L’interrogazione parte di solito quando uno o più parlamentari individuano (o sono messi a conoscenza di) stranezze, inconsistenze o sospetti comportamenti illeciti su cui il governo o il parlamento possono avere voce in capitolo.
Questo post è una interrogazione da parte di dipendenti di un Ente, in particolare dello scrivente, rivolta al MIUR per … capire.

Parliamo delle modalità di svolgimento dei concorsi pubblici negli EPR.

Premesso che:
– fino al 2009 la norma di riferimento per tutta la Pubblica Amministrazione era il DPR 487/1994 che, semplicisticamente parlando, indica un massimo di 1/3 del punteggio totale ai Titoli (inclusa l’anzianità di lavoro) e 2/3 assortiti in base a decisione autonoma dell’Ente, per scritto e orale.

– verificato che di fatto gli EPR, incluso l’INGV, almeno negli ultimi 15 anni si sono avvalsi varie volte dell’Autonomia a loro concessa dal legislatore, per svolgere concorsi con ripartizioni dei punteggi diverse da quanto stabilito dal DPR del 1994 (superando anche la proporzione di 1/3 stabilita per i titoli), criteri presumibilmente (o necessariamente) approvati dal MIUR,

– preso atto che la Legge 1/2009 (legge “Gelmini”) ha un Art. 1 che si chiama “Disposizioni per il reclutamento nelle università e per gli enti di ricerca” e che tale articolo ha un comma che recita “Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la valutazione comparativa e’ effettuata sulla base dei titoli, illustrati e discussi davanti alla commissione, e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, avente natura non regolamentare, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentito il Consiglio universitario nazionale.

– notato che il comma 7 summenzionato parla di “ricercatori” e non solo di “ricercatori universitari” e che per contro solo per le università cita la necessità di un DM successivo

– notato che la L 1/2009 non menziona, né abrogando né modificando né inglobando, il DPR 487 ma di fatto modificando la regola delle 3 prove concorsuali, da esso previste, introduce una fattispecie specifica per il comparto Ricerca inclusi gli Enti Pubblici di Ricerca

– ricordato che, per quanto ci è dato di sapere, a seguito di richiesta formale dell’INGV di parere sull’applicazione della L 1/2009 il MIUR ha risposto laconicamente con “non vale per gli EPR”, senza aggiungere alcuna spiegazione normativa lasciando ingiustamente oscura la materia concorsuale negli EPR

chiedo al Ministro e al Capo di Gabinetto del MIUR quanto segue:

1) se il Ministro e il Capo di Gabinetto non ritengano che la L 1/2009 VALGA per gli EPR, ai quali l’Articolo 1 é esplicitamente diretto, e che, come appare evidente allo scrivente, essa superi, per il comparto Enti di Ricerca, il precedente DPR 487/1994, rimandando all’autonomia degli EPR, previa verifica di compatibilità normativa (o qualunque altra forma di dialogo) da parte dei Ministeri competenti, la definizione di un regolamento interno che risponda alle specifiche necessità dell’Ente di Ricerca
2) che la risposta al punto 1, positiva o negativa che sia, venga adeguatamente, chiaramente e definitivamente giustificata dal punto di vista normativo

Tutto quanto sopra attende una risposta da troppo tempo e questo sonno della ragione ha già prodotto mostri, dunque mi permetto cortesemente di chiedere al Ministero destinatario una risposta celere.
Cordialmente

Raffaele Di Stefano

E’ una leggenda urbana quella secondo cui solo i lavoratori italiani anacronisticamente ambiscono al posto a Tempo Indeterminato (in inglese “Permanent Position”). Ed è una leggenda urbana il fatto che i ricercatori in particolare, nel resto del mondo, quasi aborriscano una permanent position: ricorderete l’ex Ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta che ci definì “Capitani di Ventura” per giustificare il veto, tutto politico e mai normativo, sulle stabilizzazioni.

Al di là della mia esperienza diretta derivata dai tanti pluriennali contatti con ricercatori all’estero, mi ha colpito l’episodio 20 della sesta serie di The Big Bang Theory (da cui il titolo del post), una serie TV di grandissimo successo sia in America che in Italia.

I personaggi principali di questa serie, per chi non la conosce, sono quattro ricercatori del California Institute of Technology di Pasadena (più noto come Caltech) molto nerd e molto bravi, permanentemente impegnati a cercare fondi per le proprie ricerche e per i propri stipendi, oltre che a vivere le loro vite di appassionati di ricerca scientifica, fumetti, film e … serie TV.

L’episodio in questione si intitola “La turbolenza del ruolo” in inglese “The Tenure Turbulence”. “Tenure” viene da “Tenure Track“, una versione più dignitosa del nostro concorso per un posto a tempo indeterminato. Sebbene in modo caricaturale per ragioni di sit-com i quattro, pur molto dotati e con un Curriculum Vitae nutrito di esperienze e pubblicazioni, nel momento in cui il Caltech apre una chiamata per la Tenure Track si scatenano in un patetico tentativo di accattivarsi le grazie della commissione che dovrà decidere della loro collocazione nel percorso (track) verso la tenure cioè fra quelli che ambiscono al posto a tempo indeterminato.

Ambiscono, appunto. Perché quel passaggio da “Tempo Determinato” a “Tempo Indeterminato”, oggi in Italia tanto ridicolizzato spesso da chi una posizione permanente pluri-garantita già ce l’ha, porta con sé intanto il coronamento di uno sforzo di anni fatti comunque di incertezze (e in Italia di sfruttamento) e poi soprattutto rappresenta un nuovo inizio, la possibilità di costruire qualcosa che non sarà smontato il giorno dopo. Questo in Italia come in America. Ho usato l’episodio di una famosa sit-com americana come esempio indipendente perché se non altro dà la sensazione di quanto anche all’estero sia considerato normale, non retrò, cercare delle solide basi per una progettualità futura.

Alla fine ovviamente i personaggi riescono solo a mettersi in imbarazzo ma, dato che siamo in America e loro sono molto bravi, la commissione li posiziona comunque al top della graduatoria da cui saranno pescati, previa verifica finale, i nuovi tempi indeterminati.

E ora veniamo all’INGV. Dopo 16 anni di precariato e 7 di dura lotta per l’Ente in cui lavoro, per la Ricerca in generale e per il mio posto di lavoro e il diritto ad essere assunto, acquisito nel 2006 e mai rispettato,  … il 31/12/2014 il mio contratto a T.D. è stato convertito in T.I grazie all’aumento di dotazione organica di 200 unità dato all’INGV dalla Legge 128/2013, voluta dall’ex Ministro della Pubblica Istruzione e della Ricerca Maria Chiara Carrozza. Sono uno dei primi 52 neo-assunti.

Purtroppo i 200 posti, pur essendo il massimo che l’ex Ministro è riuscita ad ottenere, non coprono comunque tutto il precariato ultra-quinquennale dell’Ente. Questo per colpa di una politica sorda che non ha voluto aumentare la dotazione organica dell’Ente anni fa, quando era il momento di farlo, lasciando che la situazione del precariato INGV arrivasse a un punto di non ritorno.

Per anni ho testimoniato, insieme ai miei colleghi, a volte con rabbia, la situazione paradossale della Ricerca in Italia e della condizione dei precari degli Enti Pubblici di Ricerca e in particolare dell’INGV. Oggi finalmente mi trovo a testimoniare cosa significhi essere passato a tempo indeterminato.

Posso dire che abbiamo sempre avuto ragione quando urlavamo nelle piazze o parlavamo in TV o coi giornalisti, che avere un contratto a tempo indeterminato fa una gran differenza dentro, nel modo di progettare non solo il futuro come persone, ma anche il futuro lavorativo, le direzioni della propria ricerca, gli obiettivi. Si vive in modo diverso anche il servizio di monitoraggio h24 o la reperibilità per il pronto intervento. Alla passione che ci ha dato forza in questi anni si affianca una certa maggiore serenità.

Credo di poter dire che lo stato d’animo con cui lavoro oggi sia paragonabile, come energia, capacità di concentrazione e produttività, solo al periodo del PhD (il dottorato), quando realmente si inizia a sentirsi ricercatori. Ho sulle spalle sedici anni di precariato, ma gli ultimi 7, dal settembre 2008 anno d’inizio delle lotte per la sopravvivenza del posto di lavoro ma anche per la difesa della ricerca, sono stati particolarmente pesanti. Come dipendenti dell’INGV sono stati anche più pesanti che come ricercatori in generale. Eppure tutti abbiamo tenuto duro, portato avanti la produzione scientifica e le infrastrutture dell’Ente, nonostante anche le tante tempeste interne.

Per me questo lungo periodo era quasi culminato con la decisione di andare all’estero, cosa che alcuni colleghi hanno già fatto. L’assunzione è arrivata appena in tempo.

Quello che mi auguro adesso quindi è che il percorso dell’immissione in ruolo dei miei colleghi sia rapido e rispettoso del livello qualitativo che tutti noi abbiamo dato alla Ricerca geofisica italiana nel mondo col nostro lavoro e del servizio prestato all’INGV e quindi al Paese, avendo già dimostrato sul campo le qualità necessarie all’assunzione.

Credo che il passaggio a tempo indeterminato dei precari dell’INGV aumenterà molto le potenzialità di un Ente che già è all’avanguardia nel suo campo e di sicuro cambierà molto e in meglio il modo di lavorare e l’aria che si respira qui dentro che, come del resto in gran parte del mondo del lavoro italiano, si è fatta nel tempo davvero pesante.

Raffaele Di Stefano

Il sistema della ricerca in Italia dovrebbe andare verso una “burocrazia” il più possibile internazionale. Uno dei punti in questa direzione è l’abolizione della prova scritta nei concorsi pubblici, come criterio per la valutazione dei candidati. Nei paesi del mondo in cui la ricerca è veramente valorizzata, si valutano i titoli, la produttività, le esperienze (in pratica il curriculum vitae) e si usa un colloquio come elemento finale per scegliere le persone.

In questo senso il 9 gennaio 2009 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la conversione in legge di un decreto recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca; l’Art. 1, Comma 7 della L. 1/09 dice:

Art. 1.

Disposizioni per il reclutamento nelle università e per gli enti di ricerca

[…]

  1. Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli, illustrati e discussi davanti alla commissione, e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, avente natura non regolamentare, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentito il Consiglio universitario nazionale.

Gli interessati possono trovare il testo completo qui: http://www.camera.it/parlam/leggi/09001l.htm.

Non ci sono dubbi su obiettivo della legge, contenuti e soprattutto destinatari. Inoltre è evidente che i criteri validi per Università ed EPR prevedono solo la consultazione del Consiglio Universitario Nazionale.

L’apposito decreto (http://attiministeriali.miur.it/anno-2009/luglio/dm-28072009-n-89.aspx) che il MIUR avrebbe dovuto emanare entro i primi di febbraio 2009, oltre ad arrivare con 6 mesi di ritardo esordisce così “La valutazione dei titoli e della pubblicazioni scientifiche dei candidati nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori universitari […]”.

Universitari? Un aggettivo di troppo, assente nel testo di legge, che sembrerebbe discriminare senza ragione i ricercatori degli EPR, poiché i parametri individuati si applicano perfettamente anche agli Enti Pubblici di Ricerca. D’altronde le carriere scientifiche nei due ambiti sono parallele: “Ricercatore-Associato-Ordinario” all’Università e “Ricercatore-Primo ricercatore-Dirigente di ricerca” presso gli EPR, con allineamento anche economico.

In un altro Paese, a fronte di questa incongruenza con la legge, sarebbe immediatamente seguìto un chiarimento, tramite nota o circolare, a specificare che il decreto riguarda anche agli EPR come previsto dalla legge. Questo non è avvenuto, contribuendo a generare l’idea che “manchi un decreto applicativo”.

Rischiamo quindi il paradosso per cui l’assenza di un ipotetico decreto applicativo sia interpretata come un esplicito divieto allo svolgimento di concorsi per soli titoli e colloquio.

Ora immaginate che l’amministrazione di un EPR sia nelle condizioni di avviare procedure concorsuali e immaginate che voglia scrivere un bando che non preveda prove scritte. In sintesi, immaginate che le cose funzionino come all’estero, dove si sa bene che sprecare tempo e soldi per fare scritti non serve a migliorare la valutazione del merito.

Ebbene, quale norma violerebbe quest’amministrazione? La L. 1/09, che esiste e prevede concorsi per titoli e colloquio anche presso gli EPR, oppure un fantomatico quanto inutile ulteriore decreto applicativo?

Riteniamo si tratti di una palese inconsistenza normativa, che alimenta solo ambiguità, perdita di tempo e di denaro pubblico; tutti ricercatori vanno valutati secondo standard internazionali come previsto dal decreto e dalla carta europea dei ricercatori: invitiamo gli EPR ad agire di conseguenza.

Non sappiamo se nel mondo questo sia un primato ma è un dato il fatto che ogni italiano ha visto succedersi in media un governo ogni 1.6 anni contro i 5 previsti per la durata di un singolo governo. In 65 anni infatti, considerando un solo governo quando il presidente del consiglio è rimasto lo stesso pur cambiando la maggioranza e gli altri ministri, si sono succeduti 40 governi.

I soli precari INGV (e ogni altro abitante di questo Paese) dal 2007 al 2013 hanno visto 4 governi in 7 anni per una media 1,75 anni per governo/presidente.

Adesso ci risiamo.

Non è detto che la stabilità di un governo sia di per sé una garanzia, ma di sicuro c’è che cambiare interlocutori ogni anno e mezzo non tranquillizza.

A distanza di poco più di tre mesi dalla conversione in Legge 128/2103 del decreto con cui l’ex Ministro Carrozza autorizzava l’assunzione in 5 anni di 200 unità di personale dell’INGV, noi siamo ancora in attesa del decreto congiunto MIUR – Funzione Pubblica – MEF per l’autorizzazione, sancita con la Legge 128/2013, all’ampliamento della dotazione organica dell’Ente. Poi è stato sciolto il governo e tutto si è fermato.200

Se fossimo in un Paese normale staremmo tranquilli, perché la Legge c’è ed è chiarissima nel dichiarare che l’INGV può assumere. Inoltre la Legge 125/2013 relativa a tutta la P.A. dice anche come assumere e, infine, la Legge di stabilizzazione richiamata dalla 125/2013 ricorda che ci sono circa 170 persone all’INGV che il diritto all’assunzione già lo hanno dal 2007.

Ma siamo in Italia, land of burocracy, e quindi se qualcosa si può bloccare in qualche curioso ingorgo lo fa.

Ci terremmo a sapere cosa ha bloccato un Decreto Ministeriale che sarebbe di una semplicità disarmante. Abbiamo provato a chiederlo alla Funzione Pubblica ma fino a ora ha regnato il silenzio, tanto che iniziamo a chiederci cosa sia stato chiesto dall’INGV ai Ministeri oltre all’aumento della dotazione organica.

Ma lasciamo per un momento la storia infinita dei precari INGV e passiamo a quella del Paese.

Con l’ex Ministro Carrozza avevamo iniziato a nutrire la speranza che le istituzioni potessero finalmente avviare quell’alleanza con gli EPR necessaria e tante volte chiesta perché il Paese decidesse finalmente di investire in Ricerca, Sviluppo e Prevenzione, a tutela dei cittadini, del territorio e in sostanza del futuro del Paese stesso. Se non altro perché per la prima volta un Ministro del MIUR aveva di sua spontanea volontà lanciato un appello in questo senso alle istituzioni.

Avevamo inoltre iniziato a nutrire la speranza che l’unica riforma necessaria per gli EPR, la regia di un unico ministero per tutti, la tutela dell’indipendenza degli EPR insieme a un rilancio degli investimenti in Ricerca e la sburocratizzazione degli EPR, fosse finalmente presente nell’agenda del governo o almeno del reggente del MIUR.

Noi ci auguriamo naturalmente che tutto questo possa essere l’approccio anche del nuovo Ministro, Stefania Giannini.

Per il momento però ci preoccupa che le prime dichiarazioni lascino intendere che il Ministro vede il MIUR essenzialmente come il ministero della Scuola, dato che non ha mai menzionato gli Enti Pubblici di Ricerca. Questo è un difetto di comunicazione che purtroppo abbiamo trovato in molti ministri precedenti e che poi si è risolto semplicemente nel continuare ad ignorare l’esistenza e la funzionalità di una delle più produttive e importanti risorse di questo Paese: noi.

Abbiamo più volte ricordato, e non smetteremo mai di farlo, che esiste un EPR per ogni aspetto essenziale della nostra società. Una ricchezza basata sulla conoscenza, che ha le potenzialità per regalare a questo Paese risparmi superiori a molte finanziarie e che comunque nel frattempo regala ricercatori (e quindi fondi) a altri paesi.

Un ultimo punto.

In una intervista su repubblica abbiamo letto il Ministro dichiarare che l’Italia non ha l’atteggiamento giusto per richiamare fondi europei vincendo i bandi. Se intende che l’Italia manda all’estero i suoi ricercatori e che quindi è dall’estero che vincono i bandi, ha sicuramente ragione. Se intende dire che sono le istituzioni politiche italiane che non hanno la mentalità giusta per richiamare fondi (e persone) in questo Paese, anche qui ha ragione.

Perché noi, all’INGV sicuramente, i fondi Europei li richiamiamo eccome, con molto sforzo e nonostante le pastoie burocratiche che rendono questo Paese comunque poco appetibile.

Ci auguriamo che non si torni a parlare quindi di “piani per il rientro dei cervelli”, superficiale ed inutile approccio al problema della fuga. Non sarà qualche euro di incentivo a richiamare i ricercatori che hanno scelto, con difficoltà, di andar via. L’unico modo per arginare la fuga e richiamare i “cervelli” è dimostrare che l’Italia finalmente dà un reale peso e adeguati finanziamenti alla Ricerca e allo Sviluppo, portati avanti da Enti Pubblici di Ricerca e Università che contribuiscono a tenere alto il nome dell’Italia nei settori di competenza.

Che questo messaggio giunga forte ai neo-ministri del MIUR Stefania Giannini, della Funzione Pubblica Marianna Madia, del MEF Pier Carlo Padoan e delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi.

precariatingv non ha mai parlato “solo” dei precari INGV e nemmeno solo di precariato.

Altri due argomenti sono stati costanti: la riforma del settore Ricerca e la Prevenzione.

Per questo anche se il processo, avviato dal Ministro Carrozza, di immissione in ruolo di una parte rilevante di precari del nostro Istituto dovesse andare a buon fine (pur se spalmato su 5 pericolosissimi anni) … non vi libererete di  noi (forse)!!

Nel precedente post (Auguri) dicevamo

  • Auguriamo all’Italia di diventare presto un Paese che invece di usare 8€ su 10 per riparare i danni (quelli riparabili) dei disastri ambientali (terremoti inclusi) e solo due per prevenirli inverta il rapporto. […]
  • Ci auguriamo che “presto” significhi prima del prossimo terremoto forte. Che comunque ci sarà. Della prossima alluvione, che comunque ci sarà. […]

Appunto. Ci sarà e c’è stata la “prossima alluvione”. E non sarà l’ultima come quella dell’Emilia non è stata l’ultima sequenza sismica che ha provocato danni al tessuto economico e sociale. Se il prossimo territorio ad essere colpito fosse più fragile dell’Emilia e anche di L’Aquila? Quanti altri morti deve avere sulla coscienza la classe dirigente di questo Paese? Quante altre batoste può sopportare l’economia Italiana? Quante altre alluvioni può sopportare la popolazione e quante l’economia agricola e industriale?

E’ vero che gli eventi atmosferici, come i terremoti forti, sono spesso parossistici ed è vero che alluvioni e terremoti ce ne sono sempre stati. Ma il tessuto urbano, economico e sociale degli ultimi decenni non ha precedenti quanto a fragilità e costo sociale per il ripristino.  Quindi il territorio richiede una tutela particolare. E’ essenziale la Prevenzione e questo decisamente non è una novità.

Prevenzione che costa un decimo di quanto costa riparare i danni. Una tutela che ha basi scientifiche e che la politica può facilmente attuare  commissionando (quando nn già fatti) studi agli EPR competenti e soprattutto operando poi di conseguenza.

I soldi spesi in Prevenzione (con opere eseguite a dovere e nel tempo strettamente necessario, senza rinvii di alcun tipo all’italiana) dovrebbero essere assicurati dallo Stato ai Comuni senza tanti se e ma.

In questi giorni il Ministro Maria Chiara Carrozza ha postato diversi Tweet che, partendo dalla piena dell’Arno a Pisa, arrivano al concetto di Prevenzione tramite una alleanza fra EPR ed istituzioni.

Sarebbe ora.

Tweets

Ma la Prevenzione non può, secondo noi, essere un “progetto” come suggerito dal Ministro. Capiamo che oggi tutto si immagina fattibile tramite progetti. Suona bene, meritocratico. Ma l’idea di base della prevenzione poggia su tre pilastri.

  1. monitoraggio/acquisizione dati
  2. elaborazione modelli e soluzioni
  3. traduzione della scienza in politica sul territorio

Questi tre pilastri non sono gestibili tramite progetti (a termine per loro natura), hanno caratteristiche 

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PERMANENTI e l’alleanza fra EPR, Università e Istituzioni deve essere una voce permanente di bilancio.

Su base progettuale possono essere finanziati gli sprint alla ricerca di innovazione tecnologica, nuove metodologie teoriche, nuovi modelli e strumenti informatici.

Lo Stato Italiano ha un Ente Pubblico di Ricerca per affrontare OGNI singolo aspetto della PREVENZIONE per la tutela del territorio e delle vite e delle risorse economiche del Paese. E ne ha altri per ogni aspetto vitale della società.

Tanto di cappello al Ministro che finalmente nomina questa alleanza come mezzo e la Prevenzione come obiettivo.

Ma per passare dalle parole ai fatti (e in fretta perché la situazione politica è fragile) servono alcuni passi essenziali.

  1. portare allo scoperto il nervo della mancata attuazione da parte delle istituzioni delle indicazioni che gli EPR già oggi danno (parliamo di terremoti, vulcani o ambiente? INGV, parliamo di alluvioni e rischio idrogeologico? ISPRA, parliamo di alimentazione? CRA INRAN, parliamo di lavoro? ISFOL ecc)
  2. portare tutti gli EPR sotto la supervisione del MIUR; che si occupino di scienze sociali, umane o naturali gli EPR, insieme e in modo complementare alle Università, abbracciano tutti gli aspetti della società umana e non devono esistere EPR abbandonati allo sfruttamento di specifici ministeri che puntualmente prima o poi tendono a svilirli per trasformarli in “braccio operativo” al servizio. Gli EPR devono essere, al pari della stampa libera, il cane da guardia in una società sana
  3. sottrarre gli EPR al settore della Pubblica Amministrazione in senso stretto: siamo Enti Pubblici, ma non siamo ministeri, lo ha detto la stessa Maria Chiara Carrozza; la ricerca pubblica nel mondo non sottosta alle burocrazie della P.A. e per questo si muove più agevolmente;
  4. realizzare l’obiettivo di Lisbona del 3% del PIL in Ricerca e Sviluppo, rendendo imperativo il concetto di “risparmio tramite investimenti”
  5. aumentare la percentuale di ricercatori per numero di occupati nel nostro Paese, per dare un futuro ai giovani che studiano e che vorrebbero restare in Italia, per raggiungere l’obiettivo di portare in Italia i Fondi ERC (tristemente dragati dai Ricercatori Italiani che le vincono verso l’estero).

Servono soldi? Per riorganizzare il settore no. Per attuare la prevenzione e per implementare il Fondo per la Ricerca si. Ma sono, come si suol dire, soldi santi e fonte di immenso risparmio.

Però, non c’è più tempo: il futuro è già adesso e se non iniziamo ora, tanto vale emigrare. 

PS: il decreto di aumento della dotazione organica, siamo ancora in attesa. Grazie!

C’è un abisso fra la situazione dei precari dell’INGV alla fine del 2012 e l’attuale.

A nostro favore abbiamo la Legge 128/2013 che autorizza l’INGV ad assumere 200 precari in 5 anni, le operazioni di bilancio necessarie a coprire questa operazione, la legge 125/2013 (che riguarda tutti i precari della P.A.) che detta le regole per le assunzioni e infine l’antica quando viva Legge di Stabilizzazione 296/2006 richiamata a più riprese proprio dalla legislazione recente.

Contro abbiamo il fatto che nonostante le proroghe dei contratti potrebbero, a norma di legge, portare la data del 2018 (fatta salva la disponibilità di fondi e legislazioni alternative, tanto per rassicurare pavidi dirigenti di P.A.) si dice che le proroghe l’INGV le farà, tanto per cambiare, con scadenza annuale. Altro aspetto negativo e poco rassicurante: il provvedimento è spalmato su 5 anni e in un Paese come l’Italia, con un cambio di governo a ogni angolo, non è il massimo. Infine, i posti sono 200 e i precari poco meno di 300.

Comunque dopo 5 anni di dure battaglie per la Ricerca in Italia e per la sopravvivenza dell’Ente e del nostro posto di lavoro, abituati a capodanni travagliati e ricchi di ansie vogliamo sfruttare questa situazione relativamente ricca di speranze, almeno per molti di noi, per chiudere l’anno con degli auguri.

  • Auguriamo all’Italia di diventare presto un Paese che invece di usare 8€ su 10 per riparare i danni (quelli riparabili) dei disastri ambientali (terremoti inclusi) e solo due per prevenirli inverta il rapporto. Perché farlo è non solo possibile ma segno di una maturità civile che l’Italia ancora non ha. Sono anni che lo ripetiamo, sono anni che l’INGV si adopera per questo rimanendo inascoltato.
  • Ci auguriamo che “presto” significhi prima del prossimo terremoto forte. Che comunque ci sarà. Della prossima alluvione, che comunque ci sarà. Come disse il Professor Enzo Boschi, ex Presidente dell’INGV, in uno dei suoi molti tentativi di aprire gli occhi a politici e cittadini, “Non aspettiamo il prossimo terremoto”.
  • Ci auguriamo che i ricercatori smettano di essere i capri espiatori delle colpe di un Paese ignavo, perché in questo momento (non solo i geofisici) lo sono. Osannati per finta e bastonati davvero.
  • Ci auguriamo di non dover sentire ancora a lungo la vuota retorica sulla Ricerca in Italia, soprattuto da parte di politici che fino a oggi nei fatti la Ricerca l’hanno affossata. Quella retorica fatta di “rientro dei cervelli”. Potenziare davvero la Ricerca e quindi attrarre ricercatori non è difficile.
  • Ci auguriamo quindi di vedere e poter discutere e migliorare un piano decennale di investimenti in Ricerca, quindi in Sviluppo, e magari vederlo affiancato a un piano decennale per lo sviluppo industriale ed energetico.
  • Ci auguriamo di vedere realizzata quella riforma degli Enti Pubblici di Ricerca che la Rete Ricerca Pubblica e alcuni (ma non tutti) i sindacati sostengono da tempo: autonomia, potenziamento, regia unica, dirigenze a gettone. Speravamo che l’attuale Ministro potesse iniziare subito il percorso di una simile riforma e ancora lo speriamo. Nel caso speriamo di essere ascoltati anche dal prossimo ministro, che di idee ne abbiamo.
  • Ci auguriamo che sia i politici che i cittadini smettano di parlare a sproposito di merito, sull’onda di un insano qualunquismo. Che si prendano il tempo di guardare all’estero, in Paesi in cui persone competenti e meritorie occupano i posti che gli competono dando un forte impulso sia al pubblico che al privato. Paesi in cui curiosamente non esiste alcun concorso nazionale ma ‘solo’ una fortissima assunzione di responsabilità da parte di tutti e soprattutto della classe dirigente.
  • Ci auguriamo di riuscire ad aprire un serio discorso sui metodi di selezione nella P.A. e sul Concorso Nazionale, perché la maggior parte delle persone, soprattutto parlamentari ed esponenti di partito, citano l’Art. 97 della costituzione a sproposito. Speriamo che si riesca finalmente a spostare l’attenzione da quella inutile parola che è “merito” ai più sensati concetti di “risultati” e “qualità”. Almeno parliamone.

Infine: quest’anno molti nostri colleghi sono emigrati all’estero. Nella maggior parte dei casi non sarà la promessa di un’assunzione nel prossimo quinquennio a convincerli a tornare, perché la situazione attuale del Paese non è il massimo e nemmeno la credibilità e stabilità delle sue istituzioni, condizioni per credere a una promessa e caricarla sul futuro dei figli, lo sono.

Chiedendo in giro a tanti che sono andati via da anni (capita di incontrarli spesso nei convegni scientifici) abbiamo capito che “non c’è nessuno che sia all’estero che non vorrebbe tornare”. Ma poi non lo fa.

Ecco, ci auguriamo che questo “ma poi non lo fa” inverta al più presto il segno.

Noi torniamo ai turni in sala sismica e allo studio delle sequenze in atto, le più recenti delle quali sono Gubbio e Caserta.

Il 2013 rappresenta un possibile anno di svolta per l’INGV. Chi segue il nostro blog e il neonato account Twitter (@precINGV) sa che l’INGV conta oltre 300 dipendenti con contratti a tempo determinato, con picchi di anzianità che rasentano i 20 anni. Escludendo altre forme contrattuali a termine, come assegni di ricerca o incarichi di collaborazione.

Il neo-ministro del MIUR, Maria Chiara Carrozza, per la prima volta, attraversa il mare che separa le parole dai fatti (i suoi predecessori sono sempre rimasti a prendere il sole sulla riva) e decide che la piaga del precariato INGV va affrontata. L’Art. 24 di un decreto del MIUR, il DL 104, diventato la legge dello Stato 128/2013 pochi giorni fa, prevede l’assunzione di 200 unità di personale in cinque anni.

Un gesto in controtendenza rispetto al clima di austerity che interessa la Pubblica Amministrazione, ma ritenuto da molti quasi un “atto dovuto”. La difesa del territorio, coniugata all’INGV dal binomio ricerca e monitoraggio (si pensi a quello sismico e vulcanico h24), non può essere lasciata alla deriva privando sismologi, vulcanologi ed esperti di ambiente, supportati da tecnici e amministrativi, di una prospettiva stabile. Una mancanza di prospettiva che ha dato i volti e i nomi dei nostri colleghi a quella vergogna del Bel Paese nota come “fuga dei cervelli”, il nuovo fiore all’occhiello del Made in Italy.

Chi conosce il settore, infatti, sa che il vero spreco di denaro non è la stabilizzazione di uno scienziato, ma la sua perdita dopo una formazione professionale costata allo Stato centinaia di migliaia di euro e che centri di eccellenza mondiale sono ben pronti a riscattare a parametro zero.

Il problema del precariato INGV non verrà risolto completamente, ma questa fase segna l’inizio di un’inversione di tendenza. E siamo altrettanto convinti che il personale a tempo determinato dell’INGV saprà affrontare la situazione con grande maturità, la stessa mostrata in situazioni ben più drammatiche; nel 2009, all’alba del terremoto de L’Aquila, il personale precario sospese qualsiasi forma di mobilitazione, nonostante le imminenti scadenze contrattuali, per dedicarsi senza vincoli di tempo all’emergenza sismica.

In attesa di leggere la circolare della Funzione Pubblica che fornirà dettagli sull’applicazione della legge 125/2013, riguardante il superamento del precariato nella P.A. e le norme di reclutamento speciale, manifestiamo apprezzamento per la posizione espressa dal MIUR dove, in un incontro che una delegazione di ricercatori precari ha avuto il 6 novembre presso l’ufficio di Gabinetto del Ministro, è stato ribadito che non è stata data, né verrà data alcuna indicazione aggiuntiva sulle modalità di espletamento delle procedure di cui all’Art. 24 della L. 128/2013.

Peraltro l’esistenza presso l’INGV di graduatorie valide ai fini degli scorrimenti e la necessità di contenimento della spesa pubblica sono due dati di fatto che convergono nel superamento di una condizione il cui peso è stato sopportato, finora, esclusivamente dal personale non di ruolo dell’INGV.

Dopo tanti anni di difficoltà, un provvedimento efficace per sanare il precariato INGV e il giusto rispetto per l’autonomia deli enti di ricerca. Un new deal che speriamo restituisca dignità alla ricerca pubblica e, più in particolare, a chi dedica la propria vita alla difesa del territorio e alla tutela della popolazione.

Con la conversione in Legge (ancora non pubblicata in Gazzetta Ufficiale) del D.L. 104 e in particolare con l’Art. 24, l’INGV è autorizzato ad assumere, nell’arco del quinquennio 2014-2018, 200 unità di personale.

Questo provvedimento è in aggiunta al D.L. 101 relativo all’intera Pubblica Amministrazione, convertito nella Legge 125/2013 qualche giorno fa.

Inoltre, finché la procedura di immissione in ruolo non sarà completata e comunque non oltre il 31/12/2018, l’INGV può tenere in servizio il personale.

Dalle parole esplicite del Ministro Carrozza durante la prima presentazione del provvedimento, il 26/08/2013 [Video 24′ 30”], è chiaro che questa norma nasce perché presso l’INGV fin dal 2007 ci sono 180 circa unità di personale con diritto all’assunzione in virtù della Legge 296/2006 (stabilizzazione, richiamata anche dal D.L. 101) che non sono mai state assunte a causa della decennale assenza di dotazione organica e del perdurare di incomprensibili ostacoli nei Governi che si sono succeduti dal 2007 in poi. Inoltre, sempre all’INGV, ci sono 55 unità di personale che hanno ormai oltre 6 anni di servizio e ricerca sui loro curricula. Una situazione e dei numeri che sono più unici che rari nel panorama degli EPR.

Quindi questa norma, fortemente voluta dal Ministro Carrozza, non nasce per permettere all’istituto di aggiungere nuovo personale al precariato esistente ma per rendere giustizia a oltre 200 dipendenti qualificati in servizio presso l’Ente da oltre 6 anni fino addirittura a 20 anni in alcuni casi, con una media di 10 anni di anzianità lavorativa. La situazione è culminata a fine 2012 con il primo sciopero di un Ente Pubblico di Ricerca.

Purtroppo le immissioni in ruolo previste, anche tenendo conto del turn-over, non sono sufficienti per tutti i lavoratori precari di lunga data come si può evincere confrontando i 200 posti con il piano triennale 2013 nella sezione “fabbisogno” e con l’accordo decentrato di Ente del 2012, che interessava circa 250 unità di personale.

Il D.L. 104 non dà indicazioni sulle modalità di attribuzione di questi 200 posti, anche a tutela della fondamentale autonomia di cui godono gli Enti di Ricerca; ciononostante è evidente la volontà del legislatore di sanare una gravissima situazione di precarietà cronicizzata presso l’INGV, come più volte ribadito dal MIUR.

Noi non sappiamo quali saranno le immancabili indicazioni che la F.P. vorrà dare su questo argomento ma una cosa è certa: le professionalità da consolidare presso l’INGV sono quelle formate presso l’INGV e che già esistono, come è evidente non solo dal Piano Triennale e dall’Accordo sindacale del 2012 ma anche delle “graduatorie vigenti” presso l’Ente: quella delle stabilizzazioni e quelle dei concorsi pubblici.

Ci auguriamo quindi che il previsto incontro fra la Funzione Pubblica e il MIUR, nostro ente vigilante, fornisca indicazioni chiare, utili e positive per i lavoratori precari dell’INGV.

Ieri durante la conferenza stampa del Governo Letta, a valle del Consiglio dei Ministri n° 21 (26/08/2013), il Ministro del MIUR Maria Chiara Carrozza ha presentato due provvedimenti di legge per gli Enti Pubblici di Ricerca.

Uno più generale contenuto nel Decreto Legge (DL) per semplificare, nell’ambito dell’autonomia degli Enti, l’immissione in ruolo dei ricercatori e l’altro, nel Disegno Di Legge (DDL), per la progressiva immissione in ruolo dei precari dell’INGV “[…] che svolgono un ruolo molto importante sia nell’ambito della Ricerca che nell’ambito del monitoraggio dei Terremoti”. [Video 24′ 30”]

Noi.

Dopo le tante battaglie che abbiamo portato avanti per la Ricerca in generale e per la nostra condizione lavorativa in particolare, stentiamo a credere che il Ministro del nostro Ministero vigilante ci abbia ascoltati e abbia capito la situazione paradossale in cui versa l’INGV a fronte del lavoro svolto da tutti noi con impegno, dedizione e profitto. Negli ultimi 5 anni non era mai successo. Si sa che in Italia la normalità è eccezionale e per la sua capacità di ascolto e volontà di soluzione dei problemi del suo/nostro settore crediamo che Maria Chiara Carrozza meriti un ringraziamento.

Se poi guardiamo oltre l’INGV, al comparto, il succo del DL e del DDL è che finalmente un Ministro della Ricerca e della Scuola ha sostenuto che

  1. si punta su chi la ricerca la pensa e la fa! Sulle persone;
  2. l’autonomia degli Enti Pubblici di Ricerca è un argomento chiave;

Anche questa è una novità assoluta che va nel senso del programma proposto da Rete Ricerca Pubblica alcuni mesi fa e delle indicazioni di riforma del settore sostenute in particolare da FLC-CGIL e UIL-RUA.

Forse ci voleva non solo un Ministro del settore (la Gelmini non lo era ma Profumo lo era eccome) ma anche una persona che volesse capire le condizioni, anche quelle paradossali, del settore di sua competenza e risolvere i problemi.

E’ un ottimo inizio Ministro Carrozza. Potrebbe essere la persona giusta, finalmente, per creare la cabina unica di regia di TUTTI gli EPR sotto la vigilanza del MIUR che darebbe un impulso non indifferente al Paese. Ma questo è un altro discorso.

Torniamo a noi. Anni di delusioni e mazzate varie ci hanno reso più pragmatici di quanto non fossimo già come ricercatori.

Conosciamo fin troppo bene i processi parlamentari e conosciamo la differenza fra un DL e un DDL.

Un Decreto Legge è immediatamente operativo. Decade solo se non è convertito in Legge entro due mesi dalla pubblicazione in Gazzetta.

Un Disegno Di Legge invece, per quanto ne sappiamo, deve seguire l’iter parlamentare che lo trasformerà in Legge e solo allora diventa esecutivo.

Sappiamo che questo provvedimento (l’intero DDL) è fondamentale per consentire alla Pubblica Amministrazione di funzionare e che è stato sostenuto dall’intero Governo. Sappiamo anche che se pure il Governo cadesse, il Presidente della Repubblica difficilmente scioglierebbe le Camere prima della finanziaria di fine anno e quindi il Parlamento continuerebbe a funzionare.

E’ già successo però in passato che un DDL si arenasse per sempre al Parlamento. Quindi, augurandoci che questo DDL diventi Legge al più presto, volontariamente aspetteremo a tirare un sospiro di sollievo.

Vigileremo sul suo percorso parlamentare e sull’applicazione della norma che riguarda l’INGV.

Se tutto andrà davvero per il verso giusto, pur continuando a portare avanti il nostro lavoro di ricerca e monitoraggio con la stessa passione e impegno di sempre, avremo una maggiore capacità di contribuire alla crescita del settore della Ricerca in un Paese che ha una grande necessità di acquisire una seria cultura della prevenzione e della tutela del territorio per poter sfruttare al meglio tutte le potenzialità dei risultati del nostro lavoro.

*** Aggiornata la Pagina “Rassegna Stampa” con gli ultimi servizi sulla nostra situazione ***

Paralisi è la sensazione che ci ha colpito all’indomani della sentenza del processo di L’Aquila che ha visto condannati per omicidio colposo due ricercatori, due colleghi, del nostro Ente. Uno di essi, peraltro (Giulio Selvaggi), non era nemmeno parte della Commissione Grandi Rischi. Avremo modo di scriverne. Non serve aspettare le motivazioni della sentenza, ci sono fin troppo chiare ormai e non le condividiamo, come del resto tutto il mondo scientifico nazionale e internazionale.

Ma paralisi è anche quella che sta colpendo l’INGV nel suo funzionamento ordinario e straordinario. Da alcuni giorni il personale precario (che lo ricordiamo rappresenta il 40% dell’Ente e dal 40% al 90% in molti ruoli sensibili non solo di ricerca ma anche nel monitoraggio) è costretto a prendersi le FERIE FORZATE perché alla fine dell’anno scadranno i contratti di 245 persone che dal 1° Gennaio non saranno più dipendenti dell’INGV.

La paralisi è già iniziata e sarà progressivamente crescente fino a fine anno, a causa delle ferie residue e dei recuperi che per legge siamo costretti a prendere a causa della licenziamento a fine Dicembre. Questo è stato ben esposto con una serie di documenti ufficiali inviati dai Direttori delle Sezioni dell’INGV, in particolare quelle più esposte come il Centro Nazionale Terremoti, Catania Osservatorio Etneo, Palermo, Napoli Osservatorio Veusuviano, al Direttore Generale Ghilardi, al C.d.A. e al Presidente Gresta, che quindi son ben informati delle conseguenze delle loro scelte.

Se in passato in occasione di sequenze sismiche che hanno colpito duramente la popolazione abbiamo messo da parte le nostre proteste (è successo a L’Aquila come in Emilia, sempre), la prossima volta non potremmo nemmeno volendo. E da Gennaio non saremo nemmeno dipendenti.

Perché tutto questo? La spiegazione in due ottimi articoli di Pubblico e L’Unità e in due comunicati Sindacali … Ma anche in “due righe” nostre che è giusto riportare.

Il nuovo Direttore Generale, il Dott. Massimo Ghilardi (ex dirigente MIUR sotto la Gelmini e, brevemente, sotto Profumo) ha convinto il nostro CdA (per la verità a maggioranza e non all’unanimità) a VIOLARE un accordo sindacale per le PROROGHE dei nostri contratti a TEMPO DETERMINATO. Non si parla di assunzione a tempo indeterminato, che ormai è un miraggio.

Il nuovo Presidente dell’INGV, il Dott. Stefano Gresta, che insieme al CdA aveva APPOSTO LA SUA FIRMA SULL’ACCORDO, dopo l’arrivo del nuovo Direttore Generale si è totalmente appiattito sulle sue posizioni.

Tutti insieme hanno allegramente deliberato che la cosa giusta da fare in regime di spending review è buttare soldi per bandire circa 200 concorsi per 200 proroghe e fare tutto questo in 2 mesi (ridicolo) su cui avevano già un accordo coi sindacati, peraltro visto e approvato nelle sue basi giuridiche dalla Funzione Pubblica. 200 concorsi per riassumere le stesse persone? Per fare esattamente le stesse cose? Dopo aver dichiarato nell’accordo la necessità di tenerli in servizio (visto il peso che hanno nelle funzioni base dell’Ente)? Mah … quando qualcosa sembra illogico ma è portato alle estreme conseguenze vuol dire che non hai capito cosa c’è dietro.

C’è qualcosa che non va con l’INGV.

L’INVALSI ha firmato poco prima di noi un accordo esattamente identico al nostro, per le stesse ragioni ma con fondi distribuiti diversamente. A loro non dicono nulla e il loro DG non frantuma l’Ente pur di non prorogare con l’accordo. Tutta questa ignorante ostinazione è per noi incomprensibile.

E’ una nuova fase. Brutta per tutti, anche per chi come noi, e diversamente da molti colleghi stranieri, ha dedicato metà del suo tempo di vita e lavorativo al servizio per l’INGV e per l’Italia e non alla pubblicazione di articoli per ingrossare il proprio Curriculum (che comunque è mediamente di alto livello alla faccia dei tanti incapaci che dirigono il Paese a vari livelli).

Di seguito articoli e comunicati:

COMUNICATO STAMPA del Personale INGV

Mozione Assembleare Personale/OOSS

Dichiarazione dello Stato di Agitazione

Articolo su “Pubblico” di Luca Telese a cura di Maria Grazia Gerina
Articolo (nuovo) su “L’Unità” a cura di Jolanda Bufalini